Visit other post: I mangiatori di patate (Vincent van Gogh)
Paul Gauguin, 1897-98.
Olio su tela, 139x374 cm.
Boston Museum of
Arts, Boston
L’opera, ideata
come il fregio di un tempio, è stata realizzata dall’artista a Tahiti in un
momento assai delicato della sua vita: prima di un tentativo di suicidio e dopo
la morte della figlia prediletta Aline, avvenuta pochi mesi prima.
La composizione
assomiglia ad un affresco, poiché i bordi superiori sembrano rovinati e
scoprono il fondo dorato su cui inserisce la firma e la data sulla parte destra
e il titolo a sinistra.
Il quadro,
realizzato come un grande palcoscenico, sul cui fondo domina una natura
lussureggiante, è ricco di forme e di simboli.
L’opera va letta
da destra verso sinistra, considerando il ciclo della vita che inizia dal
bambino, che rappresenta la nascita, fino ad arrivare alla conclusione dell’esistenza
rappresentata dalla vecchia, accovacciata come una mummia peruviana
precolombiana, all’estrema sinistra.
Al centro, la
figura eretta di un giovane, la più luminosa dell’intero dipinto, che sta
cogliendo un frutto, può essere interpretata sia come richiamo
ebraico-cristiano al peccato originale, sia come simbolo della gioventù che
coglie la parte migliore dell’esistenza. In posizione più arretrata, alla sua
sinistra, troviamo una divinità orientale di colore azzurro e con le braccia
rivolte al cielo, sembra indicare misteriosamente l’aldilà. Il dipinto, allora,
cercherebbe la sintesi tra elementi religiosi occidentali e credenze orientali.
Alle spalle del
ragazzo tahitiano, una figura con il gomito sollevato guarda attonita le due figure
vestite di rosso che stanno discutendo sul loro destino. Le riflessioni delle
due figure ci conducono al titolo di quest’opera emblematica: perché esistiamo
e qual è il fine della nostra vita?
Guardando nella parte destra, in primo piano, vediamo le
tre donne che sembrano poco interessate della presenza del neonato; spostando
lo sguardo notiamo una scena bucolica con un fanciullo che sta mangiando un
frutto, con attorno degli animali, due gatti e una capretta; una ragazza
sensualmente sdraiata e una vecchia stanca e rassegnata che pare riflettere
sulla sua vita passata, sui rimorsi e i rimpianti. All’estrema sinistra notiamo
uno strano uccello bianco, che trattiene una lucertola con gli artigli,
rappresenta l’inutilità delle parole: esse non risolvono i problemi né danno
risposte alle angosce della vita.
Prof. Vincenzo Esposito
Prof. Vincenzo Esposito
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