MANET Edouard (1832-1883)
Nato in seno ad una famiglia di magistrati e
diplomatici, fu uomo colto, raffinato ed amante dei viaggi. Dopo aver superato
la resistenza dei genitori, decise di dedicarsi alla pittura ricevendo
inizialmente una formazione accademica. Non soddisfatto di quell’insegnamento,
decide di formarsi secondo un suo schema.
Le sue opere furono rivoluzionarie per la scelta dei
soggetti non convenzionali e per la resa dei volumi tramite ampie campiture
colorate, prive di chiaroscuro e prospettiva.
La scelta di una pittura quasi bidimensionale, basata sulla contrapposizione dei colori invece che sui chiaroscuri, era stata favorita dalla diffusione in Europa dell'arte giapponese, che apriva nuove visuali in pittura.
La scelta di una pittura quasi bidimensionale, basata sulla contrapposizione dei colori invece che sui chiaroscuri, era stata favorita dalla diffusione in Europa dell'arte giapponese, che apriva nuove visuali in pittura.
Due delle sue
opere, Déjeuner sur l’herbe (Colazione sull'erba) e Olympia, provocarono enorme scandalo al Salon des Refusés (Salone dei Rifiutati)
del 1863 e al Salon del 1865.
MANET
Colazione sull'erba
Il dipinto, non accettato al Salon ufficiale e presentato al
primo Salon des Refusés del 1863, fu subito al centro di accese
polemiche. Il pubblico borghese, scandalizzato, lo definì “indecente”, sebbene
il tema di una donna nuda seduta sull’erba con due uomini vestiti, fosse di
derivazione classica: il soggetto trae origine dal Concerto campestre (1510,
Museo del Louvre) di Tiziano, che aveva visto e studiato al Louvre; inoltre, le
pose dei personaggi furono riprese da un’opera di Raffaello nota attraverso una
stampa di Marcantonio Raimoldi. Perché allora tanto scalpore?
Prima di tutto perché la scena non racconta
un evento storico, non è una trasposizione mitologica o allegorica, ma è
ambientata in età moderna, come se una giovane donna, durante un picnic, si
fosse deliberatamente denudata (i suoi vestiti sono ammucchiati in primo piano
a sinistra) alla presenza di due giovani vestiti modernamente, come se
si trattasse di scena comune nei boschi intorno a Parigi. In secondo piano,
un’altra ragazza, coperta solo da una camicia leggera, si china nell’acqua per
rinfrescarsi.
Ciò che maggiormente
aveva disturbato i critici e i visitatori del Salon era, però, il trattamento
pittorico della scena che non inserisce realmente le figure nella natura.
Lo spazio fu
qualificato come aberrante, perché non rispondeva allo schema classico, la
figura femminile posteriore sembrava sospesa per aria e la donna in primo piano
mancava di chiaroscuro. Il chiarore abbagliante del nudo è accentuato dal
contrasto con gli abiti scuri degli uomini. I colori sono stesi con pennellate
veloci, giustapponendo toni caldi (come ad esempio quelli della frutta
fuoriuscita dal cestino rovesciato) e freddi (come quelli del vestito azzurro),
in modo da creare quel contrasto simultaneo che li rende più vivaci e
squillanti. L’atmosfera del dipinto è pertanto fresca e luminosa.
Personaggi e
sfondo sono trattati in modo diverso, quasi che i primi fossero ritagliati e
incollati sul secondo, come se si trattasse di figure prive volume e
consistenza. Il senso della profondità prospettica è dato dai piani successivi
degli alberi e delle fronde, che si sovrappongono gli uni alle altre come in
una quinta teatrale.
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Olympia
Il dipinto Olympia fu realizzato da Édouard Manet intorno al 1863 e venne esposto
al Salon des Refusés nel 1865,
suscitando grande scandalo sia per gli elementi di quotidianità che annullavano
ogni possibile riferimento alla tradizione mitologica, sia per la stesura
pittorica piatta e compendiaria.
Manet, che mai accettò di esporre
con gli impressionisti, aprì la strada alle loro ardite ricerche formali,
riscoprendo una pittura fatta solo di colore steso rapidamente, che consentiva
di immortalare la mutevole realtà quotidiana.
L'identificazione del dipinto di Manet con un tema
mitologico è resa impossibile dalla presenza di moderni particolari di costume,
quali il braccialetto, il cinturino stretto intorno al collo e le ciabatte, che
portano la scena in una dimensione attuale.
Il titolo Olympia, derivato da un mediocre poemetto
in versi, venne dato al dipinto solo dopo che fu terminato. Il soggetto, anche
se ispirato alla Venere di Urbino
dipinta da Tiziano nel 1538, rappresenta con crudo realismo una donna nuda
semisdraiata su un letto disfatto. Ai suoi piedi vi è un gatto nero, mentre una
domestica di colore sopraggiunge dal retro reggendo un variopinto mazzo di
fiori, dono evidente di qualche ammiratore. Ma questo riferimento al maestro veneziano
fu considerato blasfemo, perché Manet distrusse la visione tradizionale del
nudo in un contesto mitologico. Cambia il cane di Tiziano, considerato simbolo
della fedeltà, con un gatto. Le ancelle preparano il corredo per il matrimonio,
la cameriera di Olympia reca un mazzo di fiori donato da un ammiratore. Venere
appare affascinante nella sua dolce passività. Olympia ci guarda e ci sfida con
arrogante sicurezza.
Lo scandalo fu duplice. In primo luogo si criticò la
scelta del soggetto, da tutti ritenuto volgare e sconveniente in quanto si
trattava di una prostituta rappresentata direttamente “sul posto di lavoro”. In
secondo luogo si criticò ancora la tecnica pittorica di Manet, accusandolo di
non saper modellare i corpi con il chiaroscuro e di usare i colori in modo
primitivo.
Il corpo acerbo e sgraziato della ragazza, privo di
morbide sinuosità con le quali i pittori accademici caratterizzavano tutti i
nudi femminili di dee ed eroine della mitologia, è percorso da un realismo
quotidiano, quasi casalingo e squallido, quindi non ritenuto degno di una
rappresentazione artistica. Il senso di disagio che suscita nello spettatore, è
esattamente l’opposto a quello che l’arte accademica si prefiggeva. La cruda
nudità della ragazza viene ulteriormente sottolineata dal malizioso nastrino di
raso al collo, mentre lo sguardo è beffardo, quasi di sfida. La posa ricorda da
vicino alcune immagini pornografiche del tempo che, in seguito al maggior
sviluppo della fotografia, cominciano a circolare clandestinamente nei salotti
mondani. Infine, Olympia, era il nome d’arte di molte prostitute parigine
dell’epoca.
Lo schema compositivo del dipinto segue una
collaudata tradizione iconografica, con il letto e il corpo della donna visti
longitudinalmente in modo da assecondare il taglio della tela. La posizione
eretta della testa della donna si allinea con il profilo verticale della porta
che si vede in secondo piano. La spazialità della scena è data dalla
concretezza dei corpi e dalla posizione della figura della cameriera che si
staglia di là del letto.
Il rinnovamento pittorico attuato da Manet è
evidente nella stesura uniforme del colore, priva dei passaggi chiaroscurali
della consolidata tradizione artistica. Nonostante ciò, l'immagine non è
bidimensionale: Manet riesce a costruire forme e volumi attraverso la
giustapposizione di tonalità diverse.
File DOC
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RENOIR
File DOC
BALLO AL MOULIN DE LA
GALETTE
Pierre-Auguste Renoir; 1876, olio su
tela, cm 131x175
Parigi, Musèe d’Orsay
La scena ritratta è quella di un ballo popolare all’aperto
ambientato al Moulin de la Galette,
un vecchio mulino abbandonato posto sulle alture di Monmatre. Il nome del
locale fa riferimento ai dolcetti (galettes)
che venivano offerti come consumazione compresa nel prezzo di ingresso.
Per eseguire l’opera Renoir frequenta per sei mesi il Moulin
e tra la folla raffigurata si riconoscono numerosi amici e conoscenti
dell’artista. Il soggetto è metropolitano e l’attenzione è rivolta alla
raffigurazione della folla in movimento, che prosegue oltre la cornice, e agli
effetti della luce. Tramite un uso nuovo e libero del colore l’artista cerca di
suggerirci sia il senso del movimento che lo stato d’animo collettivo e la
gioia d’un pomeriggio di festa. La forma è costruita mediante il colore che, a
sua volta, assume un rilievo diverso in relazione al contrasto fra luce e ombra
e fra toni caldi e freddi. Se osserviamo ad esempio le due coppie danzanti a
sinistra, notiamo come i vestiti chiari delle ragazze spiccano contro gli abiti
scuri maschili, definendo di conseguenza sia la forma dei corpi sia la
sensazione del moto. Nella rappresentazione nessun personaggio risulta isolato,
in quanto è inserito in un determinato gruppo (chi balla, chi chiacchiera, chi
siede al tavolino, chi guarda in una certa direzione). L’insieme di questi
gruppi, inondati dalla luce tremolante che filtra dalle fronde degli alberi,
determina la profondità prospettica dell’intera scena. La sedia in primo piano
spicca per i riflessi giallo-oro, il terreno, screziato di rosa e di azzurro,
fa risaltare le due figure che si muovono al centro della pista, i vestiti
chiari appaiono più luminosi e vibranti essendo accostati agli abiti scuri.
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