PERSISTENZA DELLA MEMORIA



 PERSISTENZA DELLA MEMORIA
Salvador Dalì, 1931
Olio su tela, 24 x 33 cm.
Museum of Modern Art (MoMA) New York

   In uno dei suoi scritti autobiografici, Salvador Dalì descrive la genesi di questo dipinto, inizialmente intitolato Orologi molli ovvero: Il tempo che si scioglie. In un certo senso rappresenta la storia della sua personalità in eterno contrasto tra la dura scorza esterna del proprio ruolo pubblico e sociale e la sensibile “mollezza” della propria fragile interiorità.
   Per comprendere a fondo un'opera surrealista bisogna innanzitutto chiarire la natura del movimento e il contesto culturale nel quale nasce il Surrealismo. L'atteggiamento artistico della seconda metà del Novecento esprime  una forte voglia di rompere i legami con il passato. Tutto ciò che riguarda la tradizione verrà perciò abbattuto, e le arti, non più regolate da canoni e regole ormai in vigore da tempo, subiranno un profondo rinnovamento riguardo la forma e i contenuti. In Dalì questo ragionamento assume un'ulteriore profondità, arrivando a toccare i limiti inesplorati dell'inconscio umano. I suoi dipinti infatti sono disseminati di immagini spesso inquietanti, popolati di metafore e figure simboliche. I surrealisti arrivano al concepimento dei propri soggetti attraverso il processo delle associazioni libere, spesso deliranti e apparentemente insensate.
L’idea per la realizzazione dell’opera La persistenza della memoria, nasce dalla vista di un formaggio molle, il Camembert, e da questa osservazione si sviluppa una riflessione filosofica sullo scorrere del tempo.
   La composizione è del tipo asimmetrica, in quanto gli elementi del quadro, sono distribuiti in maniera molto disordinata e disorganizzata in uno spazio aperto. Protagonisti dell’opera sono gli orologi, sottratti alla realtà quotidiana, deformati nel sogno dal suo inconscio delirante e  inseriti in una landa di terra totalmente priva di vegetazione e dall’aspetto surreale.
Dall’analisi è evidente la forte contraddizione paesaggistica. Da un lato la solidità del deserto, della figura vegetale smorta e degli scogli; dall’altra parte, la flaccidità degli orologi posti rispettivamente sul masso squadrato, sul ramo e sull'inquietante occhio dalle lunghe ciglia che giace addormentato sulla sabbia. Un quarto orologio, diverso e solido rispetto agli altri, ancora chiuso nel suo coperchio dorato, è aggredito da un cumulo di brulicanti formiche. Qui emerge anche l'aspetto distruttivo del tempo, che consuma lentamente e inesorabilmente ogni cosa, anche quelle che apparentemente sembrano più durature.
   La deformazione delle immagini è uno strumento per mettere in dubbio le facoltà razionali, che vedono gli oggetti sempre con una forma definita. L'orologio è lo strumento razionale per eccellenza che permette di misurare il tempo e di dividerlo in modo da piegarlo alle esigenze pratiche e quotidiane. Deformando l'orologio, che sembra sciogliersi e adattarsi alle superfici su cui viene posto, Dalì invita l'osservatore a riconsiderare la dimensione del tempo, che viene messo in crisi dai ricordi, dal sogno e dal desiderio, non essendo sottoposti alle regole apparentemente logiche; il prima e il dopo si mescolano e lo scorrere delle ore e dei giorni accelera o rallenta a seconda della percezione soggettiva.
Una sicura irrazionalità si nota nella superficie in alto a sinistra, che a prima vista presenta la consistenza ed il colore del mare, ma in realtà, se si fa attenzione, è parte della distesa solida.
   I colori utilizzati sono caldi e freddi, i toni scuri sono utilizzati per evidenziare le ombre molto profonde generate dalla luce frontale.

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